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DANTE ALIGHIERI E IL PROPRIO TEMPO
domenica 29 ottobre 2023, di
Pillole di Storia e di filosofia
Dante Alighieri, il suo tempo e la propria storia.
il Sommo poeta è stato posto e visto più volte sempre in una nuova interpretazione culturale, sociale e politica, che lo avrebbe condotto ad una avanzata interpretazione della società del suo tempo , quella fiorentina . Società, dove la direzione sociale, politica ed economica fu condotta dai 6 priori , apre di fatto attraverso il progredire della città, anche alla crescita della economia, con l’emissione di una moneta forte, il Fiorino, e l’apertura di crediti commerciali con l’estero. Questa nuova forma economico - culturale fiorentina stabilì i nuovi valori etici e produttivi della città, di certo non condivisi da Dante, che ebbe visioni più conservatrici, ma che però cambieranno i connotati storici i all’intera società civile locale, nazionale, ed anche europea. Dante poi scrisse un Poema, appunto la Divina Commedia, nel quale il sommo si imbatte di continuo nel conflitto fra nobili, borghesi e proletari. Conflitto che sorge per l’appunto al tempo suo. Leggere Dante significa pertanto entrare in un mondo sconfinato: dall’inferno, che è società corrotta in cui la parolaccia è dominante, su fin nel paradiso, in cui Beatrice, donna in carne ed ossa, ancorché descritta in un sogno. Ed è proprio nel sogno che assegna in dono a Dante altra voce ed altro pensiero. Qualcuno ha detto che questo nuovo modo di interpretare Dante lo conduce assai vicino alle visioni marxiste del nostro tempo? Niente di più sbagliato. Infatti Dante, ed è bene ricordarlo, fu uomo del proprio tempo. Chi non lo fu e guardava oltre, invece furono coloro che intesero dare una spinta innovativa alla economia del tempo, che lui, peraltro anche di origini Nobili, la accolse con malinconia e qualche dubbio. Insomma su Dante si sono fatte interpretazioni interessanti che forse ci riconducono anche ai capitoli del Paradiso e alla " Donna" Beatrice, alla quale Dante sembra abbia dato l’essenziale ruolo di consigliera speciale delle vicende della storia del suo tempo. Ovvero la Donna vista come elemento essenziale per la famiglia e la Società civile dell’epoca. Però tutto ciò poco ha a che vedere col marxismo del nostro tempo, che qualcuno intende riproporre in Dante. Per concludere , per quello che si può constatare, egli fu per intero calato nella storia del proprio tempo. I cambiamenti posti in essere dalle decisioni dei capi politici dell’epoca egli li accolse con interesse spesso ironico, ma anche e soprattutto con un velo di malinconia. Da ricordare che Dante fu un Guelfo Bianco, ( una corrente guelfa) facente parte di una minoranza anti Papale, ruolo che alla fine segnerà peraltro il suo futuro.
Infine la Firenze in cui visse Dante era questa: la Firenze al centro del mondo.
Vediamone la vita in questo secolo a cavallo fra il Due e Trecento limitandoci a guardare ciò che avviene all’interno delle sue mura. Gli interessi economici, come i conflitti politici, legavano con mille fili Firenze al resto della Toscana, dell’Europa e del Mediterraneo. La solidarietà di fazione univa, per esempio, i guelfi o i ghibellini fiorentini a quelli delle altre città italiane. I sanguinosi conflitti civili scoppiati nelle vie di una città si trasformavano in vere e proprie guerre fra centri rivali, come Firenze e Siena, per il dominio sulla Regione, ma anche per quello sui mercati europei. Comunque al di là della Toscana, Firenze era parte di un sistema di Stati e di un equilibrio di potenza che aveva ormai dimensioni continentali.
Al pari delle grandi metropoli a noi contemporanee, come New York o Londra, Firenze era al centro di una circolazione a largo raggio di merci e capitali. Fu tale ruolo di piazza economica e finanziaria internazionale a sostenere in fondo la sua crescita, la sua forza politica e il suo splendore artistico. È proprio a un fiorentino, di poco successivo a Dante, Francesco Balducci Pegolotti (1310-1347), che si deve la Pratica di mercatura, forse il più celebre manuale di commercio del Medioevo.
La nascita della banca.
Detto questo, In ogni città d’Europa o del Mediterraneo di una certa importanza, infatti si stabilivano colonie di mercanti e banchieri fiorentini, che rifornivano i ricchi consumatori locali di merci di lusso provenienti da tutto il mondo e si rendevano indispensabili ai sovrani prestando loro il denaro di cui avevano un disperato bisogno per finanziare il fasto delle loro corti e il costo delle loro guerre. Dunque, nel 1300, l’orizzonte dei fiorentini era il mondo, o quasi. Simbolo di questa centralità economica di Firenze è la coniazione, a partire dal 1252, del fiorino d’oro, la moneta che divenne lo strumento di pagamento principale delle grandi transazioni internazionali e un punto di riferimento, insomma qualcosa di simile a un «dollaro del Medioevo».
L’alba del Rinascimento forse ebbe inizio proprio in questi anni a Firenze.
A fare la grandezza di Firenze, a segnare il suo posto nel mondo e poi nella storia, non furono solamente gli uomini d’affari. Ma questa fu anche l’epoca della prima grande fioritura della cultura fiorentina. Fiorentini furono infatti la maggior parte degli esponenti dello Stil Novo: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, oltre, naturalmente, allo stesso Dante. Fu soprattutto grazie a loro che il volgare toscano, fiorentino in particolare, diventò il fondamento della lingua italiana moderna.
In campo artistico e architettonico, il fiorentino Cimabue (1240-1302) rappresentò una tappa fondamentale. Già all’inizio del Trecento, però, la sua fama fu oscurata – lo ricorda Dante stesso nell’XI canto del Purgatorio , dal suo allievo Giotto da Bondone (1267-1337), fiorentino del contado. Ad Arnolfo di Cambio (1230 circa-1310) sono ascrivibili a Firenze alcune delle realizzazioni più significative di quel periodo. La cattedrale di Santa Reparata (poi Santa Maria del Fiore) anzitutto, che fu integralmente rifatta a partire dagli ultimi anni del Duecento ma che restò a lungo incompiuta, e, probabilmente anche la chiesa di Santa Croce, edificata a partire dal 1294, così come il Palazzo dei Priori, meglio conosciuto come Palazzo Vecchio, la cui costruzione iniziò nel 1298.
Con Giotto e Arnolfo cambiò il ruolo dell’artista. Prima di tutto per il carattere multiforme della loro attività: pittore e architetto Giotto (contribuì a realizzare il celebre campanile posto a fianco della cattedrale), architetto e scultore Arnolfo. Inoltre entrambi non furono più semplici artigiani, pur di alto livello, quali erano stati pittori, scultori e architetti medievali, ma appunto “artisti”, intellettuali contesi da Papi, Re, che operavano quasi ovunque in Italia. Anche in questo Giotto, Arnolfo e Dante aprirono la strada alla grande fioritura umanistica e rinascimentale. Vero fu tutto questo, anche se per Dante Alighieri faticosa fu la condivisione, soprattutto dei poteri e delle nuove prospettive economiche e commerciali di una Firenze che usciva dagli oblii. Dante aveva altre visioni politiche di certo più conservatrici. Ma la storia guarda avanti e anche in quell’epoca fu così. Però Dante fu tutto, meno che precursore del Marxismo di secoli dopo, come a qualcuno oggi è venuto in mente di dire. Dante Alighieri, poi oltre ad essere uno dei più famosi poeti e scrittori italiani, viene considerato anche come il padre della lingua italiana. La sua fama deriva principalmente da quella che è la sua opera più importante: la Divina Commedia. Ma nonostante tutto questo, perché Dante poi è stato esiliato da Firenze? Infatti
Dante non fu soltanto un uomo importante come persona di grande cultura, ma si interessò assai pure di Politica e ne fu un protagonista. Come si sa in quel di Firenze nel 1300, vivevano due Partiti fra loro rivali: i Guelfi , che sostenevano il Papa ( Bonifacio VIII ) e l’altro, i Ghibellini, sostenevano l’Imperatore. I Guelfi poi furono divisi in due fazioni: i bianchi e i neri. I neri concordavano che il Papa dovesse avere un ruolo nella Politica Fiorentina, mentre i Bianchi furono contrari. Dante come già detto fu Guelfo , ma della corrente dei Bianchi, che non vedevano di buon occhio l’intromissione del papa in Firenze. Per questa ragione fu esiliato da Firenze, oltre che avere cercato un processo, con vari capi di accusa. Sta di fatto che quando i Guelfi neri presero il potere a Firenze egli fu da subito Esiliato e da questo momento cominciò il suo peregrinare . Fu proprio il Papa promotore di questa decisione. Nel momento del processo Dante si trovava a Roma come Ambasciatore. Capì che non sarebbe riuscito nella propria difesa e non tornò più a Firenze. Il Processo proseguì comunque. Egli pur non essendo presente al processo , fu considerato reo confesso. Si procedette col comminargli una multa da pagare entro tre giorni. Dante non era in quel di Firenze e la multa fu trasformata in esilio.
Il processo andò avanti senza la sua presenza e secondo gli statuti fiorentini dell’epoca, colui che non si presentava al processo, nonostante fosse stato più volte avvisato, veniva considerato come un imputato reo confesso, ossia un imputato che ammetteva implicitamente tutte le sue responsabilità.
Si procedette con una multa che comportava il pagamento di una determinata somma di fiorini entro tre giorni. Ma quando non veniva pagata questa multa, lo statuto concedeva al giudice la possibilità di tramutare la pena pecuniaria in una di carattere personale. Questa la motivazione della condanna: “Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia“. La data dell’esilio di Dante fu precisamente il 10 marzo 1302. L’esilio durò venti anni e dal da quel giorno non mise più piede a Firenze. Iniziando così a vivere uno fra i momenti più bui della propria esistenza. Momento buio si , si disse da più parti, ( soprattutto a Pisa ) ma ben fornito di fiorini , perché il futuro Sommo Poeta sembra fosse fuggito da Firenze con la cassa della città. Vero poi che nel canto del Paradiso ebbe a scrivere: “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale” .
Dante seguì da vicino e sposò la filosofia di Tommaso d’Aquino. Insomma la filosofia che si domanda e domanda: chi è Dio? Dio e la Santissima Trinità . Ovvero una Comunità d’amore e di gioia. Unica sostanza distinta nelle tre persone: Padre, figlio, Spirito Santo. Infatti Dante nel rievocare la concezione di Tommaso d’Aquino, lega la questione temporale all’interiorità dell’uomo, ossia alla sua concentrazione su una gioia o su un dolore. Sulla Filosofia: Ma chi è Dio? Dio è la Santissima Trinità, ossia è una comunità d’amore: un’unica sostanza si, ma nella distinzione delle tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Detto questo con tutti gli esempi che si possono fare, resta sempre un mistero in relazione alla piccola comprensione dell’uomo, che sarà colmata solo quando vedrà Dio dopo la morte “faccia a faccia”. La ragione dell’uomo, dunque, non può contenere il mistero di Dio e neppure chi si illude di questo. E Dante lo afferma con chiarezza.
La ragione non può far altro che inginocchiarsi davanti ai misteri della fede, che non sono ad essa contrari, ma sono come un oceano infinito che essa, la ragione, non può contenere del tutto. Quanto più l’uomo sarà immerso in questo oceano ,che è Dio stesso , tanto più egli vedrà e comprenderà soltanto con un atto d’amore.
Ed è a questo punto del Pensiero umano, (e trattasi di qualche secolo prima) che Agostino, chiama in causa la categoria del tempo, per apre una risposta alla domanda spontanea su cui stava riflettendo: " che cosa faceva Dio prima di fare i cieli e le terre? " E alla fine si tratta più che di una domanda, di una obbiezione, che proveniva dai sostenitori della eternità dell’universo, compresi come si sa i Neoplatonici.
Questa obbiezione metteva in discussione un punto nevralgico della dottrina cristiana: il dogma dell’immutabilità di Dio. Si Ammetteva infatti che un "prima" e un "dopo" rispetto alla creazione, presume un cambiamento anche in Dio. Viene alla memoria la domanda che un allievo è detto, pose a S. Agostino : " Maestro ma prima che il mondo fosse , Dio cosa faceva? " e S. Agostino rispose stizzito: " pensava a costruire l’inferno per quelli come te". Come si sa poi per S. Agostino alla fine il tempo non esiste.
La riflessione filosofica si può limitare a dire che Dio, in linea teorica, avrebbe anche potuto creare un mondo eterno, e la logica della fede integra questo dato di ragione, dicendo che, pur avendo avuto questa possibilità, Dio di fatto non ha voluto creare un mondo “eterno”, in quanto ha preferito porre in essere un mondo dotato di un inizio temporale. Appurato ciò, la filosofia non può fare altri passi innanzi; non può cioè riuscire a ricostruire il motivo preciso perché Dio ha fatto questa scelta: la volontà divina rimane infatti anche per Tommaso un mistero imperscrutabile, alle cui profondità l’uomo non può avere accesso, a meno che Dio non glielo conceda. Insomma Dante resta ben fermo dentro la visione della Religione , l’Arte e la Filosofia del proprio tempo e ne coglie con la sua " Commedia" i pregi, i difetti i dolori e le gioie.
Astianatte