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Pillole di Filosofia . HEGEL
domenica 26 dicembre 2021, di
IL SISTEMA HEGELIANO? un tentativo di pensare la concretezza
Una delle prime impressioni che associamo alla filosofia di Hegel è quella di una certa farraginosità comprensiva, dovuta soprattutto alla sistematica ripetizione di triadi, cioè dei concetti filosofici articolati in tre momenti, quel celeberrimo movimento tesi-antitesi-sintesi che caratterizza il suo pensiero e che tutti i manuali riportano. Se aggiungiamo a questo il linguaggio complesso e concettualmente molto denso caratteristico delle sue opere , si comprende il perché del diffuso pregiudizio secondo il quale Hegel rappresenterebbe il retaggio di un modo di pensare avulso dalla realtà. Hegel però non usò mai i termini di TESI-ANTITESI- SINTESI, per descrivere la sua logica dialettica . Anzi, egli definiva com elogica concreta, una riproduzione della struttura stessa della realtà, che fosse capace di descrivere le cose come veramnete sono. Del resto la sua Filosofia non era intesa affatto da Hegel come un modo antiquato libresco, bensì come un modo che deve assumere qualsiasi conoscenza che si sforzi di aderire alla vera natura degli oggetti. Comprendere dunque perchè Hegel abbia dato questa struttura alla sua filsofia, significa comprendere quali esigenze vi fossero alla base del suo pensiero, di concretezza di aderenza alla realtà legata alla nostra esperienza, di fare uscire la filosofia dal vicolo cieco dell’intellettualismo e della refenzialità, che invece gli si vogliono appuntare. vediamo allora di fare chiarezza sulle spesso poco apprezzate triadi del sistema filosofico da lui costruito. E’ bene allora sapere che fino più o meno al 1800, quando lui aveva l’età di 30 anni, per Hegel la Filosofia non era nulla di positivo per la conoscenza, in quanto incapace di comprendere la realtà nella sua interezza. Infatti Hegel fa nascere la sua filosofia per comprendere e conoscere la realtà e non il mondo delle idee puramnnete concettuale. Dunque Hegel si propone di parlare dell’uomo e dei suoi bisogni quotidiani e concreti, e critica la filosofia del suo tempo proprio perché essa tende a cristallizzare la realtà e fossilizzarla in un universo astratto: Parla di un altro mondo, del solo pensiero, quindi avulso dalla realtà. Hegel è bene ricordarlo, vive a cavallo fra i due secoli 1770 e 1880 e assaiste in gioventù ad un evento epocale come la Rivoluzione Francese , la cui influenza è determinante per la sua crescita intellettuale futura. Hegel capisce però che i contenuti rivoluzionari di Libertà e Uguaglianza riassumonno qualcosa che attiene all’individuo e consiste nell’essere tutelato dagli abusi di altri individui. Ergo: la visione del mondo della Rivoluzione Francese esprime dunque una significativa separazione fra singoli cittadini, che non riescono ad identificarsi in una società che li accomuni e che superi i loro interessi singoli . Essa quindi è l’apice di un processo che fa emergere l’individuo sul piano politico, come singolo e isolato, dentro ai suoi egoismi e meschinità, ponendo invece in secondo piano quel momento unitario caratterizzato dal Popolo e dallo Stato come totalità. La modernità della Rivoluzione afferma dunque un’epoca di scissione e separazione, di rottura di una compattezza comunitaria così come veniva rappresnetata dalla Pòlis Greca. Si crea dunque una lacerazione, simile a quando il pensiero intellettualistico produce quando blocca le forme della realtà con l’astrazione.
La missione dunque del pensiero Hegeliano è il modo in cui egli intende eliminare l’astrazione della filsofia a favore della concretezza ed è proprio il superamento della scissione, in ogni sua manifestazione. Essa supera e sul piano filosofico e sul piano politico con la ricomposizione della molteplicità degli Individui in uno Stato, cui essi appartengano e in cui le loro differenze e singolarità non vengano annullate, ma sublimate in una unità che viva di esse.Ma perché ciò che il pensiero filosofico tratta è un mondo astratto, che non esprime le cose come esse sono? Hegel pensa prevalentemente alla logica, sulla quale poggia ogni ragionamento compiuto e che quindi pervade passivamente ogni discorso filosofico. L’assioma di fondo di tale disciplina è il principio di non contraddizione, A=A; tuttavia, la realtà concreta che Hegel vuole descrivere è sempre mobile e mai staticamente uguale a se stessa, è un continuo divenire: io sono sempre io nei diversi giorni della mia vita, ma in nessuno di questi sono esattamente la stessa identica persona, perché vivo nuove esperienze, il mio corpo si modifica e così via.Occorreva dunque forzare i limiti del pensiero filosofico per rifondarlo su nuove basi, cioè su una nuova logica, quella dialettica, che descrivesse pienamente la realtà concreta del mondo. È così che nasce il famoso movimento triadico, tesi-antitesi-sintesi, che per Hegel non consiste di tre momenti così nettamente scanditi ma di un unico processo dove l’esistenza di ciascun momento implica anche quella di tutti gli altri. Infatti, ogni cosa non è e non può mai essere semplicemente se stessa, A=A, ma deve includere, già originariamente, per essere identificata come quella cosa, la sua negazione, qualcosa di diverso da essa, per configurarsi come unità reale e piena, concreta, un’identità che ritorna in sé arricchita di questa esperienza del negativo. Finché si mantiene questo tipo di impostazione del pensiero, un’impostazione che potremmo definire radicalmente metafisica, tutto ciò che i filosofi diranno non potrà mai avere nulla a che fare con il mondo, e la storia della filosofia sarà solo di una sorta di elenco in cui diverse opinioni, prive di un filo conduttore comune, si susseguono, senza riuscire mai ad esaurire la realtà nel loro contenuto. Si tratta quindi di ribaltare i criteri tradizionali secondo i quali la metafisica greca identificava il vero essere: non più identità con se stesso, ma inclusione della sua negazione, sopportazione della contraddizione; non più immobilità e stabilità, ma divenire. Ciò è necessario perché non è l’identità con sé, bensì il divenire l’unica caratteristica davvero comune a tutta la realtà, anche se esso implica l’accettazione di una contraddizione, cioè che ogni cosa sia se stessa e immediatamente dopo sia diversa, sia altro.