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DANTE ALIGHIERI E IL PROPRIO TEMPO
mercoledì 9 febbraio 2022, di
Pillole: Dante Alighieri, il suo tempo e la propria storia.
Per l’occasione della presentazione del libro di Federico Sanguineti " Le parolacce di Dante", il Sommo poeta è stato posto e visto in una nuova interpretazione culturale, sociale e politica, che lo conduce ad una avanzata interpretazione della società del suo tempo , quella fiorentina , dove con la direzione delle famiglie prima dei Medici, apre di fatto attraverso l’emissione di una moneta forte e l’apertura di crediti bancari , ad una nuova era In cui l’economia cambierà i connotati all’intera società a partire dalla Nobiltà. Un Poema nel quale il sommo Dante si imbatte di continuo nel conflitto fra nobili, borghesi e proletari, che sorge per l’appunto al tempo suo. Leggere Dante significa pertanto entrare in un mondo sconfinato: dall’inferno che è società corrotta in cui la parolaccia è dominante, su fin nel paradiso in cui Beatrice, che è donna in carne e ossa pur nel sogno, assegna in dono a Dante un’altra voce. Qualcuno ha detto che questo nuovo modo di interpretare Dante lo conduce assai vicino alle visioni marxiste del nostro tempo. E’ bene però ricordare che Dante fu uomo del proprio tempo, chi non lo fu e guardava oltre, invece furono coloro che intesero dare una spinta innovativa alla economia del tempo, che lui, peraltro anche da origini Nobili, la accolse con malinconia e qualche dubbio. Insomma un libro interessante che forse ci riconduce anche ai capitoli del Paradiso e alla " Donna" Beatrice alla quale Dante sembra volere dare l’essenziale ruolo di consigliera speciale delle vicende della storia del suo tempo. Insomma la Donna vista come elemento essenziale per la famiglia e la Società civile. E tutto ciò poco ha a che vedere col marxismo del nostro tempo. Per concludere , io non sono un profondo conoscitore di dante Alighieri, ma per quello che mi è dato di sapere egli fu per intero calato nella storia del proprio tempo, i cambiamenti posti in essere dalle decisioni dei capi politici dell’epoca li accolse con interesse spesso ironico, ma anche e soprattutto con un velo di malinconia. Da ricordare che Dante fu un Guelfo Bianco, ( una corrente guelfa) facente parte di una minoranza anti Papale.
Infine la Firenze in cui visse Dante era questa: la Firenze al centro del mondo.
Vediamone la vita in questo secolo a cavallo fra il Due e Trecento limitandoci a guardare ciò che avviene all’interno delle sue mura. Gli interessi economici, come i conflitti politici, legavano con mille fili Firenze al resto della Toscana, dell’Europa e del Mediterraneo. La solidarietà di fazione univa, per esempio, i guelfi o i ghibellini fiorentini a quelli delle altre città italiane. I sanguinosi conflitti civili scoppiati nelle vie di una città si trasformavano in vere e proprie guerre fra centri rivali, come Firenze e Siena, per il dominio sulla regione ma anche per quello sui mercati europei. Ma al di là della Toscana, Firenze era parte di un sistema di stati e di un equilibrio di potenza che aveva ormai dimensioni continentali.
Al pari delle grandi metropoli a noi contemporanee, come New York o Londra, Firenze era inoltre al centro di una circolazione a largo raggio di merci e capitali. Fu tale ruolo di piazza economica e finanziaria internazionale a sostenere in fondo la sua crescita, la sua forza politica e il suo splendore artistico. È proprio a un fiorentino, di poco successivo a Dante, Francesco Balducci Pegolotti (1310-1347), che si deve la Pratica di mercatura, forse il più celebre manuale di commercio del Medioevo.
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In ogni città d’Europa o del Mediterraneo di una certa importanza si stabilivano colonie di mercanti e banchieri fiorentini, che rifornivano i ricchi consumatori locali di merci di lusso provenienti da tutto il mondo e si rendevano indispensabili ai sovrani prestando loro il denaro di cui avevano un disperato bisogno per finanziare il fasto delle loro corti e il costo delle loro guerre. Dunque, nel 1300, l’orizzonte dei fiorentini era il mondo, o quasi. Simbolo di questa centralità economica di Firenze è la coniazione, a partire dal 1252, del fiorino d’oro, la moneta che divenne lo strumento di pagamento principale delle grandi transazioni internazionali e un punto di riferimento, insomma qualcosa di simile a un «dollaro del Medioevo».
L’alba del Rinascimento
A fare la grandezza di Firenze, a segnare il suo posto nel mondo e poi nella storia, non furono solamente gli uomini d’affari. Questa fu anche l’epoca della prima grande fioritura della cultura fiorentina. Fiorentini furono infatti la maggior parte degli esponenti dello Stil Novo: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, oltre, naturalmente, allo stesso Dante. Fu soprattutto grazie a loro che il volgare toscano, fiorentino in particolare, diventò il fondamento della lingua italiana moderna.
In campo artistico e architettonico, il fiorentino Cimabue (1240-1302) rappresentò una tappa fondamentale. Già all’inizio del Trecento, però, la sua fama fu oscurata – lo ricorda Dante stesso nell’XI canto del Purgatorio – dal suo allievo Giotto da Bondone (1267-1337), fiorentino del contado. Ad Arnolfo di Cambio (1230 circa-1310) sono ascrivibili a Firenze alcune delle realizzazioni più significative di quel periodo. La cattedrale di Santa Reparata (poi Santa Maria del Fiore) anzitutto, che fu integralmente rifatta a partire dagli ultimi anni del Duecento ma che restò a lungo incompiuta, e, probabilmente anche la chiesa di Santa Croce, edificata a partire dal 1294, e forse il Palazzo dei Priori, meglio conosciuto come Palazzo Vecchio, la cui costruzione iniziò nel 1298.
Con Giotto e Arnolfo cambiò il ruolo dell’artista. Prima di tutto per il carattere multiforme della loro attività: pittore e architetto Giotto (contribuì a realizzare il celebre campanile posto a fianco della cattedrale), architetto e scultore Arnolfo. Inoltre entrambi non furono più semplici artigiani, pur di alto livello, quali erano stati pittori, scultori e architetti medievali, ma appunto “artisti”, intellettuali contesi da papi, re, che operavano quasi ovunque in Italia. Anche in questo Giotto, Arnolfo e Dante aprirono la strada alla grande fioritura umanistica e rinascimentale. Vero fu tutto questo, anche se per Dante Alighieri faticosa fu la condivisione, soprattutto dei poteri e delle nuove prospettive economiche e commerciali di una Firenze che usciva dagli oblii, forse di un’altra Politica più consona al pensiero dantesco. Ma la storia guarda avanti e anche in quell’epoca fu così. però Dante fu tutto, meno che precursore del Marximo di secoli dopo. Grazie